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Piazzale C. Colombo, 1 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 578 8511

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Il Porto di Bari ha una storia antica e ricca che risale a diversi secoli fa. Situato sulla costa orientale dell’Italia, nel Mar Adriatico, è stato un importante centro commerciale e marittimo sin dall’antichità. 

Le prime tracce storiche dell’importanza di Bari come porto risalgono all’epoca romana, quando la città era un vitale nodo commerciale e militare. 

Durante il Medioevo, Bari divenne una delle città più importanti del Regno di Napoli e il suo porto continuò a essere un fulcro del commercio nel Mediterraneo. 

Nel corso dei secoli successivi, il porto di Bari ha subito diverse trasformazioni e ampliamenti per adattarsi alle esigenze del commercio marittimo in evoluzione e per far fronte alle sfide della navigazione e dell’economia. 

Durante il Rinascimento, il porto conobbe un nuovo periodo di prosperità e sviluppo, mentre durante il periodo della Repubblica di Venezia, Bari divenne un importante scalo commerciale per la Serenissima. 

Nel corso del XIX e XX secolo, il Porto di Bari ha visto ulteriori sviluppi infrastrutturali e modernizzazioni per adeguarsi alle esigenze dell’era industriale e del commercio internazionale. 

Durante la Seconda guerra mondiale, il porto subì danni significativi a causa dei bombardamenti, ma fu successivamente ricostruito e riportato alla sua funzionalità. 

Negli ultimi decenni, il Porto di Bari ha continuato a crescere e adattarsi, diventando uno dei principali porti del Mediterraneo per il trasporto di merci e passeggeri. 

Oggi, il porto di Bari è un importante hub per il commercio internazionale, con infrastrutture moderne e servizi efficienti che lo rendono vitale per l’economia locale e nazionale.

Vico C. Colombo, 43/45 – Borgo Antico

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Parte essenziale e complementare della visita al museo è l’area di San Pietro, adiacente alla facciata occidentale del monastero di Santa Scolastica e accessibile direttamente dal bastione o da piazza San Pietro.

Questa area ha subito diversi scavi archeologici nel tempo. I primi scavi, nel 1912, furono condotti da Michele Gervasio, direttore del Museo Archeologico della Provincia di Bari, durante la costruzione di un nuovo padiglione dell’Ospedale Consorziale che si trovava in quest’area. 

Dopo la demolizione dell’edificio nel 1969, le ricerche archeologiche ripresero negli anni Ottanta (1984 e 1986) sotto la direzione di Nino Lavermicocca per la Soprintendenza Archeologica. 

Questi scavi stratigrafici confermarono molte delle intuizioni di Gervasio. Solo nel 2005 e poi nel 2012 furono avviati studi più estensivi per verificare la possibilità di destinare l’area alla costruzione di una nuova ala del Museo Archeologico, da affiancare alla sede di Santa Scolastica. 

Tuttavia, il progetto fu abbandonato a causa delle rilevanti evidenze archeologiche risalenti alla Protostoria. Il grande insediamento dell’età del Bronzo di Bari, il più antico della città, includeva anche le aree di Santa Scolastica e San Pietro.

La continua successione di aree abitative sulla punta protesa nel mare, dall’età del Ferro attraverso il periodo classico-ellenistico fino all’età romana, è documentata sia a Santa Scolastica sia a San Pietro, nonostante le successive costruzioni medievali e moderne. 

Tra i reperti più preziosi di San Pietro, spicca un anello in oro con gemma incisa di età romana. Di particolare interesse per i visitatori sono le fondazioni della chiesa medievale di San Pietro Maggiore e le sue successive riedificazioni, in particolare quella seicentesca. 

La chiesa originale, risalente al XII secolo, era una delle più grandi della città, con tre navate e pavimento in tasselli calcarei. 

La costruzione del successivo convento francescano, di cui rimane il chiostro, comportò significative modifiche, inclusa la parziale demolizione e ricostruzione della chiesa più antica. 

All’inizio del Seicento, la chiesa fu ulteriormente ampliata e modificata, con una pianta a navata unica e un campanile che, nelle vedute dell’epoca, appariva come il più alto della città. Nel Settecento, il convento e la chiesa di San Pietro erano tra i più importanti della città. Nell’Ottocento, con l’insediamento del Liceo Cirillo, poi del Sacro Monte di Pietà e infine dell’Ospedale Consorziale, furono apportate modifiche sostanziali per adeguare l’area alle nuove funzioni e costruire nuovi edifici. 

Gli eventi bellici portarono alla decadenza e all’abbandono dell’ospedale fino alla demolizione del complesso nel 1969.

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Via Venezia, 73 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 099 0882

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Lunedì: Chiuso

Martedì: 09:00  19:00

Mercoledì: 09:00  19:00

Giovedì: 09:00  19:00

Venerdì: 09:00  19:00

Sabato: 09:00  19:00

Domenica: 09:00  13:00

Il Monastero Medievale Benedettino di Santa Scolastica, insieme al bastione cinquecentesco adiacente, è oggi la sede rinnovata del Museo Archeologico della Città Metropolitana di Bari. 

Situato all’estremità settentrionale della città vecchia, questo complesso monumentale funge da porta naturale tra la città e il mare, diventando un museo a sé grazie alla stratificazione millenaria di vicende storiche, recentemente messe in luce da un accurato restauro. 

Il restauro, iniziato nel 2011 e finanziato in vari lotti, ha reso il monastero adatto alla sua nuova funzione museale. 

Il percorso archeologico all’interno del complesso rispetta ed esalta le architetture e le antiche strutture preesistenti, guidando i visitatori in un viaggio a ritroso nel tempo.

Questo itinerario affascinante parte dall’800, attraversa il Medioevo e giunge fino alla Protostoria, scendendo alle fondamenta dell’edificio e offrendo una visione completa della sua evoluzione storica.

Vico Forno S. Scolastica, 67 – Borgo Antico

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Dopo aver percorso l’intera muraglia barese verso nord, ci si addentra nel borgo antico, dove gli stretti vicoli conducono alla suggestiva piazza di Santa Maria del Buonconsiglio. 

Lì, tra i resti della demolita chiesa, si intravedono le colonne romane e i loro capitelli, accanto al pavimento musivo, unico testimone della sua antica grandezza. 

La storia di Santa Maria del Buonconsiglio è avvolta da leggende e fatti storici. Si narra che la sua costruzione risalga a un periodo tumultuoso, in cui una disputa tra Baresi e Bizantini portò a un tragico evento nel 946. 

Da questo dramma nacque una tregua, chiamata il “buon consiglio”, che avrebbe dato nome alla chiesa. Gli studi archeologici degli anni Ottanta hanno permesso di risalire alle origini della struttura, collocandola tra il X e il XII secolo, con evidenza di più fasi costruttive.

Le scoperte archeologiche hanno illuminato la storia della città, dalla sua età del Bronzo fino al Medioevo, tramite reperti che raccontano un passato ricco e complesso.

Str. Santa Chiara, 22 – Borgo Antico

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La Chiesa di San Giovanni Crisostomo a Bari è un tesoro storico che narra la storia stratificata della città nel corso dei secoli. 

La liturgia cattolica in rito bizantino, celebrata ogni domenica mattina, è un tributo tangibile al profondo legame di Bari con la sua eredità storica. 

Nonostante i restauri degli anni Sessanta che hanno alterato la sua facciata e gli interni, la scoperta di tracce della sua fase romanica offre una nuova prospettiva sulla sua millenaria storia. 

Il pluteo marmoreo, con la sua raffigurazione intricata, ci trasporta direttamente nell’epoca romanica, evidenziando l’arte e il simbolismo di quei tempi. 

Questi dettagli storici arricchiscono il tessuto culturale della città e ci invitano a riflettere sulla sua identità in evoluzione nel corso dei secoli.

Preservare e valorizzare luoghi storici come la Chiesa di San Giovanni Crisostomo è essenziale per mantenere viva la memoria e l’identità di una comunità, mentre ci adattiamo al flusso del tempo moderno.

 

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Largo Abate Elia, 13 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 573 7111

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Lunedì: 06:30  20:30

Martedì: 06:30  20:30

Mercoledì: 06:30  20:30

Giovedì: 06:30  20:30

Venerdì: 06:30  20:30

Sabato: 06:30  20:30

Domenica: 06:30  20:30

La Basilica di San Nicola a Bari è una delle chiese più importanti dell’Italia meridionale e un importante luogo di pellegrinaggio per i fedeli cattolici.

La sua storia è profondamente intrecciata con la figura di San Nicola, il santo vescovo di Myra, in Anatolia (oggi Turchia), venerato come protettore dei marinai, dei bambini e dei mercanti. 

La basilica è stata costruita nel XII secolo per custodire le reliquie di San Nicola, che furono trasferite da Myra a Bari nel 1087, quando la città italiana, all’epoca un importante centro commerciale, acquistò le reliquie dai marinai baresi, che le avevano trafugate dalla tomba originale di San Nicola a Myra per proteggerle dai saraceni. 

La costruzione della basilica è stata promossa dal normanno Roberto il Guiscardo e consacrata nel 1197. 

È un bellissimo esempio di architettura romanica pugliese, con influenze bizantine e orientali. La sua facciata è decorata con una serie di archi ciechi e ha un imponente portale centrale. All’interno della basilica, vi sono pregevoli opere d’arte, tra cui affreschi medievali e il famoso altare di San Nicola, che contiene le reliquie del santo. 

La cripta, al di sotto dell’altare maggiore, è il luogo dove sono conservate le reliquie di San Nicola e continua ad attirare pellegrini da tutto il mondo. 

Nel corso dei secoli, la Basilica di San Nicola è stata oggetto di vari restauri e ampliamenti, ma ha mantenuto la sua importanza spirituale e culturale. 

È anche un simbolo di collegamento tra Oriente e Occidente, poiché rappresenta il legame storico e religioso tra l’Italia e l’antica città di Myra.

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Largo Papa Urbano II – Borgo Antico

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Tel: +39 080 523 1429

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Lunedì: 09:00  18:00

Martedì: 09:00  18:00

Mercoledì: 09:00  18:00

Giovedì: 09:00  18:00

Venerdì: 09:00  18:00

Sabato: 09:00  18:00

Domenica: 09:00  18:00

Il museo prende il nome da San Nicola, il santo patrono di Bari, e si trova all’interno del complesso della Basilica di San Nicola, una delle chiese più importanti della città. 

Il museo ospita una vasta collezione di reperti archeologici, opere d’arte sacra, manoscritti antichi e oggetti legati alla tradizione religiosa e culturale della regione. 

Tra i pezzi più significativi ci sono le reliquie di San Nicola, che attirano pellegrini da tutto il mondo. 

Queste reliquie sono conservate in una cripta all’interno della basilica stessa. Il Museo Nicolaiano offre ai visitatori l’opportunità di esplorare la storia di Bari e di San Nicola attraverso esposizioni permanenti e mostre temporanee. 

Le esposizioni coprono una vasta gamma di argomenti, dalla storia dell’arte sacra alla vita e al culto di San Nicola, dalla storia medievale della città al suo ruolo nel commercio marittimo nel Mediterraneo. 

Inoltre, il museo offre anche programmi educativi e attività per coinvolgere il pubblico di tutte le età e per promuovere la comprensione della storia e della cultura della regione. 

Nel complesso, il Museo Nicolaiano è una tappa imprescindibile per chiunque visiti Bari, offrendo una panoramica completa della ricca storia e della tradizione spirituale della città e della sua gente.

Str. Santa Chiara – Borgo Antico

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Domenica: 11:00  14:30

La chiesa di Santa Chiara di Bari, situata nella città vecchia lungo la via omonima vicino alle strade San Vito e Tresca, ha una storia ricca e variegata. 

Originariamente, fu sede dell’Ordine Teutonico e custodiva l’immagine sacra della Madonna degli Alemanni. Verso la fine del XII secolo, con l’aumento dei pellegrini tedeschi diretti a Gerusalemme, la chiesa diventò un punto importante lungo il cammino, soprattutto dopo l’insediamento degli Svevi. 

Il pellegrinaggio e le crociate verso Gerusalemme, insieme alla fondazione dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici, contribuirono all’incremento del flusso di persone in questa regione. 

Oggi, la chiesa conserva i misteri della Vallisa, ovvero le statue della Passione di Gesù. 

Nel 2006, la processione pasquale ha avuto luogo da questa chiesa, mentre in passato era solita partire dalla chiesa di Santa Teresa dei Maschi. 

Prima dell’attuale edificio dedicato a Santa Chiara, c’era la chiesa di Santa Maria degli Alemanni, legata all’Ordine Teutonico. 

Nel 1492, su richiesta di Ludovico il Moro, Papa Innocenzo VIII trasferì la chiesa alle clarisse, cambiandone il nome in Santa Chiara. Tuttavia, la chiesa rimase sotto la giurisdizione del cardinale Giovanni Giacomo Sclafenato, protettore dell’Ordine Teutonico, e successivamente dei precettori di San Leonardo da Siponto. Successivamente, sotto l’arcivescovo Ricciardi, il numero delle suore fu ridotto da 46 a 31. 

Nel corso dei secoli, la chiesa fu soggetta a diverse trasformazioni e restauri. Nel 1539, grazie alle donazioni di Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari, fu ristrutturata durante il priorato della badessa Sveva. 

Successivamente si sciolse il legame con i Cavalieri Teutonici e nel 1730, con la badessa Laura Gironda, ci fu un’ulteriore ricostruzione. 

Dopo la soppressione del monastero nel 1809, nel 1815 fu venduto alle monache di Santa Maria del Buonconsiglio. 

Nel 1861, divenne una caserma militare e nel 1897, la parte superiore del campanile settecentesco fu demolita. 

Più tardi, divenne sede della confraternita di San Luca e subì ulteriori restauri nel 1934. Infine, nel 1975, la chiesa fu definitivamente chiusa al culto.

Piazza dell’Odegitria, 8A – Borgo Antico

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Ecco il testo riformulato: In passato, la chiesa faceva parte di un complesso monastico più ampio gestito dall’ordine delle Olivetane, di cui ora rimangono solo alcuni riferimenti topografici. 

La struttura della chiesa è a pianta longitudinale con un’unica navata absidata coperta da una volta a botte. Sulla facciata e sulla parte inferiore del campanile si possono osservare caratteristiche architettoniche e murarie risalenti al tardo periodo medievale, cui si sono aggiunti interventi barocchi in seguito. 

All’interno, la Chiesa di San Giacomo presenta un notevole apparato decorativo e architettonico. 

Questo allestimento è il risultato di interventi avvenuti nel Settecento, probabilmente sotto la guida dell’architetto napoletano D.A. Vaccaro. 

Coronano le arcate cieche, trasformate in cappelle, dei graziosi altorilievi in legno, mentre lungo le pareti laterali si aprono tele risalenti dal XVII al XIX secolo, tra cui opere come “S. Francesca Romana” (XVIII secolo), “Immacolata” (XIX secolo), “S. Anna e la Vergine” (XVIII secolo), “Adorazione dei Pastori” di Ludovico Vaccaro (1725), “Madonna con Bambino e Santi” (XVIII secolo), “Beato Bernardo de Tolomei” di P. De Matteis (1713), e “Pietà” di Andrea Vaccaro. 

Da notare anche il magnifico pavimento originario del XVIII secolo, realizzato in terracotta smaltata con motivi fitomorfi.

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Piazza dell’Odegitria – Borgo Antico

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Tel: +39 080 521 0605

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Lunedì: 08:30 19:00

Martedì: 08:30 19:00

Mercoledì: 08:30 19:00

Giovedì: 08:30 19:00

Venerdì: 08:30 19:00

Sabato: 08:30 19:00

Domenica: 08:30 10:00 / 11:00 19:00

A breve distanza dal castello normanno-svevo, la cattedrale di Santa Maria Assunta, dove è venerato San Sabino, si erge con maestosità in piazza dell’Odegitria, all’ingresso dell’area occidentale della città vecchia. 

Le strutture pre-millenarie e i significativi reperti archeologici scoperti nel sottosuolo confermano l’antichissima origine della cattedrale, che risale al V-VI secolo.

La struttura attuale della chiesa, ricostruita dopo la distruzione della città per mano del re normanno Guglielmo il Malo nel 1156, riprende i principali elementi architettonici della famosa basilica di San Nicola.

Nonostante le similitudini con San Nicola, la cattedrale di San Sabino è l’unico edificio di culto nella città vecchia ad avere un imponente campanile. 

Elementi architettonici di epoche diverse testimoniano le influenze (romane, paleocristiane, arabe, bizantine, normanno-sveve) assorbite nel corso dei secoli dall’edificio più antico e prestigioso della città, che funge da sede dell’Arcivescovado e punto di riferimento per la classe dirigente cittadina. 

La struttura a forma di croce, con bracci ortogonali sormontati da una cupola ottagonale, avrebbe un’impressionante presenza anche se fosse situata nel Campo dei Miracoli a Pisa, con il battistero adiacente e i campanili che si ergono verso il cielo, come afferma Nino Lavermicocca.

Sul lato destro della cattedrale, in via Dottula, si trova il Palazzo Arcivescovile, ora Museo Diocesano, che custodisce i tesori più preziosi della millenaria storia di questo gioiello dell’architettura romanica.

Tra le opere più significative vi sono i tre Exultet, rotoli miniati esposti e srotolati durante la liturgia pasquale dall’ambone, che rappresentano dei veri e propri capolavori.

Str. S. Marco, 7 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 523 3445

La chiesa di San Marco dei Veneziani, situata in vico San Marco nel centro storico di Bari, ha una storia avvolta nel mistero delle sue origini. 

Sebbene il Beatillo attribuisca la sua costruzione al 1002-1003, in onore della liberazione di Bari dai Saraceni sotto il doge di Venezia Pietro Orseolo II, alcuni storici contestano questa versione. 

È più probabile che l’edificio, recentemente scoperto con una sottostruttura bizantina risalente al X secolo, fosse inizialmente utilizzato dalla comunità veneziana di Bari, prevalentemente per scopi commerciali. 

La prima menzione documentata della chiesa risale al 1187 in una bolla dell’arcivescovo Rainaldo a favore del vescovo di Cattaro, dove compare un Maione, abate della chiesa di San Marco. 

Altri riferimenti si trovano tra il XIII e il XV secolo, inclusa un’epigrafe che testimonia un restauro o un ampliamento della chiesa da parte di un medico barese di nome Giovanni. 

Durante la visita dell’arcivescovo Tommaso Ruffo (1648-86), la chiesa svolgeva regolarmente le funzioni liturgiche, sotto la cura dell’arcidiacono e dell’arciprete della cattedrale. 

La confraternita di San Marco, originariamente associata alla chiesa, si trasferì tuttavia a Sant’Agostino nel 1809. 

Attualmente, la cura della chiesa è affidata alla confraternita di Sant’Antonio da Padova.

Piazza Mercantile – Borgo Antico

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La Colonna Infame, o Colonna della Giustizia, è un antico monumento che si erge con solennità nella piazza Mercantile di Bari, nel quartiere San Nicola. 

Risalente al Cinquecento, venne commissionata dal viceré spagnolo Pietro di Toledo per fungere da simbolo della giustizia cittadina.

Quest’imponente struttura, composta da quattro scalini su cui poggia una colonna di marmo bianco coronata da una sfera e da un leone di pietra accovacciato alla base, recante l’incisione “Custos Iusticiae” (Custode della Giustizia), è nota anche come Colonna della Giustizia. 

Da quando fu eretta, la Colonna Infame ha suscitato dibattiti sul suo vero scopo. 

Una teoria suggerisce che fosse utilizzata per esporre pubblicamente debitori insolventi, bancarottieri e falliti, mentre un’altra ipotesi suggerisce che il leone fosse un elemento di protezione per la città, con la colonna che richiamava il potere normanno. 

Oggi, la Colonna Infame rimane un simbolo solitario nella piazza Mercantile, testimone silenzioso di epoche passate e contribuente alla maestosità storica del luogo.

Via Venezia – Borgo Antico

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La torretta di Sant’Antonio ha una storia che si perde nei meandri del tempo. 

Si dice che già nel Trecento esistesse come torre di difesa, ma le fonti più attendibili la situano nel secolo successivo, quando assunse le sembianze di un piccolo castello, noto come “torre di Sant’Antonio” per via della vicina chiesetta dedicata al santo. Intorno al 1440, il duca di Bari e principe di Taranto, Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, fece erigere una torre simile a un castello di fronte alle mura della città, come attesta lo stemma presente sul portale. 

Dopo la sua morte, i cittadini di Bari demolirono la torre, lasciando in piedi solo la chiesetta di Sant’Antonio. 

Successivamente, durante il regno di Isabella D’Aragona e Bona Sforza, il Fortino subì lavori di ristrutturazione nell’ambito del potenziamento delle difese della città. 

Dell’antico castelletto non rimane traccia, poiché le vestigia più antiche risalgono al Settecento. 

La torre fu poi ricostruita e rinforzata fino alla seconda metà del XVIII secolo, quando ne fu modificata la facciata su via Venezia. Tuttavia, in seguito alla dismissione a fini militari e al passaggio al Comune nel 1847, il Fortino cadde in uno stato di degrado, diventando quasi un rudere e persino ospitando un canile municipale. Solo nel 1994 iniziarono i lavori di restauro e riutilizzo del Fortino, i quali, a causa delle scoperte archeologiche, si conclusero nel 2000. 

Oggi, il Fortino di Sant’Antonio, di proprietà del Comune di Bari, è gestito dalla Ripartizione Culture, Marketing Territoriale e Sport, che lo utilizza per mostre, incontri pubblici e dibattiti, offrendo così alla cittadinanza la possibilità di apprezzare le ricchezze della storia barese gratuitamente.

Piazza Federico II di Svevia – Borgo Antico

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Tel: +39 080 886 9304

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Lunedì: Chiuso

Martedì: 09:00  18:00

Mercoledì: 09:00  18:00

Giovedì: 09:00  18:00

Venerdì: 09:00  18:00

Sabato: 09:00  18:00

Domenica: 09:00  18:00

Il castello normanno-svevo di Bari, noto anche come u Castídde in dialetto barese, è un’imponente fortezza che simboleggia la città di Bari, ergendosi ai margini della città vecchia. 

Dal dicembre 2014, il Ministero della Cultura lo gestisce attraverso la Direzione regionale dei Musei della Puglia. Reperti risalenti all’epoca romano-greca hanno portato gli esperti a collegare l’esistenza della fortezza barese a epoche antiche.

Nelle Satire di Orazio e negli Annali di Tacito si fa riferimento all’esistenza, nell’antica Barium, di una struttura fortificata, che potrebbe coincidere con una parte dell’attuale castello o, più probabilmente, con il kastròn bizantino (Corte del Catapano-Basilica di San Nicola). 

La fortificazione medievale probabilmente risale al 1132. Costruito per volere del re normanno Ruggero II, l’edificio fu distrutto nel 1156 dagli stessi baresi, ma ricostruito nel 1233 per ordine dell’imperatore Federico II. 

Subì numerose trasformazioni durante il periodo angioino e successivamente divenne di proprietà di Ferrante d’Aragona, che lo donò alla famiglia ducale degli Sforza. 

Questi ultimi ampliarono e migliorarono la rocca, che in seguito fu utilizzata come prigione e caserma. 

Oggi il castello è circondato dall’antico fossato su tre lati, mentre il lato settentrionale, un tempo bagnato dal mare, presenta una cinta di difesa di epoca aragonese, con grandi bastioni angolari a lancia.

L’accesso avviene dal lato sud, attraverso un ponte sul fossato, entrando nel cortile tra i baluardi cinquecenteschi e il mastio svevo. 

Riaperto il 3 ottobre 2017, il castello ospita alcune sale ristrutturate e nuovi reperti in mostra, tra cui una gipsoteca contenente calchi in gesso di fregi e bassorilievi provenienti da molte chiese medievali pugliesi.

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Piazzetta Bisanzio e Rainaldo, 12 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 524 8200

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La collezione del Museo Diocesano è ospitata negli ambienti dell’ex convento dei Frati Minori Conventuali, poi sede del Seminario Vescovile, adiacente alla Chiesa di San Francesco della Scarpa. Fin dal 1986, gli Arcivescovi Mons. 

Mariano Magrassi e Mons. Francesco Cacucci hanno proseguito l’opera di raccolta, conservazione, esposizione e valorizzazione delle numerose opere artistiche, testimonianza della fede e dell’impegno delle generazioni, iniziata dall’ultimo vescovo di Bitonto, Mons. 

Aurelio Marena. Il progetto identitario del museo realizza un’esposizione delle opere non cronologica ma contestualizzata secondo orientamenti teologici, pastorali, territoriali e di funzione liturgica. 

Il percorso espositivo racconta, attraverso le opere, la storia della Diocesi dalle sue origini, offrendo una visione completa della vita ecclesiale fino ai nostri giorni. 

Le opere esposte spaziano dal periodo bizantino, riferibile ai più antichi edifici ecclesiastici della città, attraverso elementi romanici, fino alla ricca produzione artistica del Cinquecento e Seicento. 

La fioritura artistica e la prosperità economica culminano nella nascita della scuola pittorica locale, il cui principale esponente è Carlo Rosa. 

L’esposizione è completata da arredi sacri e paramenti, il cui valore simbolico rievoca i momenti della vita liturgica, e da alcuni documenti su pergamena e su carta, custodi della storia della Diocesi di Bitonto e di alcuni momenti della vita della comunità ecclesiale.

Str. Lamberti, 1 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 527 5451

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Lunedì: 08:30 18:15

Martedì: Chiuso

Mercoledì: 08:30 18:15

Giovedì: 08:30 18:15

Venerdì: 08:30 18:15

Sabato: 08:30 18:15

Domenica: 08:30 18:15

Palazzo Simi è un’elegante “casa palaziata” del Cinquecento, con una corte centrale, ambienti di servizio al pianterreno e un piano nobile accessibile da una scalinata, ricostruita fedelmente durante i restauri degli anni Novanta. 

Questo edificio è il risultato dell’aggregazione di più strutture su un nucleo medievale lungo l’asse principale dell’antico vicinio S. Gregorio de Falconibus. 

Alla base, si conserva una suggestiva stratificazione archeologica che rimanda al più ampio palinsesto sotterraneo della Città Vecchia.

L’elegante androne e il monumentale forno del XVI secolo conducono, attraverso vari piani, a un edificio di culto romanico e alla sottostante chiesetta del X secolo, con altare e absidi affrescate, costruita a sua volta su un edificio di età romana imperiale (I secolo). 

A Palazzo Simi è nato e si è sviluppato il progetto “Bari sotterranea” che, attraversando il sottosuolo archeologico, arriva al Museo Archeologico di Santa Scolastica, all’estremo capo della Città Vecchia. Fondato nel 1999, Palazzo Simi è diventato un punto di riferimento per tutte le attività archeologiche di Bari e del suo territorio, sia nel campo della tutela che in quello promozionale, attirando un pubblico sempre più ampio e variegato (151.000 visitatori negli ultimi anni). 

Attraverso attività didattiche mirate all’utenza scolastica di vari ordini e gradi e iniziative in linea con i progetti ministeriali di promozione del patrimonio culturale, come l’apertura dei laboratori e dei depositi, il palazzo ha consolidato il suo ruolo educativo e culturale. 

Un tempo sede della Soprintendenza Archeologica della Puglia, oggi Palazzo Simi dipende dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari ed è specificatamente deputato alla tutela, conservazione e restauro del patrimonio archeologico della Terra di Bari. 

Oltre agli spazi destinati a uffici e sale studio, Palazzo Simi ospita un ampio laboratorio di restauro specializzato nella conservazione di ceramiche, metalli e vetri, e un recente laboratorio di antropologia che rappresenta un valore aggiunto per l’analisi e lo studio delle antiche civiltà. 

Una parte significativa delle attività è finalizzata alla corretta conservazione dei reperti archeologici provenienti dalle ricerche e dalle attività di tutela nel territorio. 

I depositi, ampi, luminosi e ben attrezzati, sono accessibili agli operatori del settore e agli studiosi per ricerche e tesi di laurea e di dottorato. 

I depositi forniscono anche lo spunto e i materiali per l’allestimento di mostre tematiche temporanee, dalla Preistoria al Medioevo, negli eleganti spazi al piano terra. 

Tra queste mostre si ricordano: “Ornamenta. Arte e linguaggio dell’ornarsi nella Puglia preistorica”; “Ambra per Agamennone. Indigeni e Micenei tra Adriatico, Ionio ed Egeo”; “Monte Sannace. Città dei Peucezi”; “Bari sotto la città”; “Ceramiche apule. Sussurri dalla terra” e altre ancora in allestimento. 

Le mostre sono spesso accompagnate da conferenze, convegni e seminari che offrono occasioni di discussione sui contenuti esposti.

Str. Sagges, 13 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 577 2362

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Lunedì: 09:30 13:30 / 16:30 19:30

Martedì: 09:30 13:30 / 16:30 19:30

Mercoledì: 09:30 13:30 / 16:30 19:30

Giovedì: 09:30 13:30 / 16:30 19:30

Venerdì: 09:30 13:30 / 16:30 19:30

Sabato: 09:30 13:30

Domenica: 09:30 13:30

Il Museo Civico di Bari è stato fondato nel 1913 per celebrare il centenario della nascita del borgo murattiano. In quell’occasione, la Civica Amministrazione organizzò una “Esposizione Storica del XIX secolo” con il supporto di alcuni importanti studiosi locali. 

L’evento ebbe un tale successo che il Comune decise di istituire un “Museo Storico”, inaugurato il 26 gennaio 1919 in alcuni locali annessi al Teatro Margherita. 

Il Museo fu riconosciuto come Ente Morale nel 1926 e rimase presso il Teatro Margherita per alcuni anni, arricchendosi di materiali interessanti come l’archivio e i dipinti della famiglia Tanzi. Negli anni ’40, durante la Seconda Guerra Mondiale, il Museo fu requisito dalle truppe anglo-americane e trasformato in un circolo ricreativo per militari, con la conseguente dispersione di gran parte del materiale. 

Dopo diversi anni e con il ritorno alla normalità, il Museo riaprì ai visitatori in locali forniti dall’Amministrazione Comunale al largo Urbano II. 

Nel 1977, il Museo fu trasferito nell’attuale sede in Strada Sagges 13. L’antico palazzo che lo ospita si trova ai margini del nucleo alto medievale di Bari, in un’area ricca di reperti archeologici. 

La struttura principale è una torre a tre piani collegata all’Arco Petroni, formando un complesso fortificato tipico delle case medievali. Successivamente, furono aggiunti altri edifici, come il corpo meridionale risalente alla metà-fine del XVIII secolo. 

Tra i reperti di maggior pregio conservati nel Museo, vi è la culla del Marchese di Montrone, un prezioso manufatto in legno di noce intagliato e argentato, databile alla seconda metà del ‘700. 

Infine, il primo libro stampato a Bari risale al 15 ottobre 1535, opera del tipografo francese Gilberto Nehou. 

Scritto da Nicola Antonio Carmignano, un gentiluomo napoletano al servizio di Isabella d’Aragona e della figlia Bona Sforza, il libro fu pubblicato sotto lo pseudonimo di Parthenopeo Suavio.

Via Boemondo, 6 – Borgo Antico

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Tel: +39 080 521 9325

Santa Maria degli Angeli ha una storia strettamente legata a San Francesco. 

Il patrono d’Italia soggiornò a Bari nel 1220 e, durante il suo peregrinare, visitò un convento benedettino che si trovava dove ora sorge la chiesa costruita nel XVI secolo. 

Secondo la leggenda, fu lì che, nel giugno di quell’anno, richiamò i fedeli alla preghiera con un piccolo campanello di bronzo, un prezioso oggetto che è ancora custodito nella chiesa moderna. 

Santa Maria degli Angeli si trova in via Boemondo, una strada che collega il Castello Normanno Svevo alla Prefettura, a pochi passi da San Domenico. 

Il suo nome richiama quello di un edificio religioso situato ad Assisi, la città natale di San Francesco.

Tuttavia, è conosciuta anche come “Santa Maria della Finestra” per via di un leggendario dipinto della Madonna che si trovava all’interno della chiesa. 

Si racconta che l’icona fosse stata trovata in una finestra murata, ma alcuni sostengono che il soprannome derivi dal fatto che l’immagine, trovandosi in un’edicola fuori dalle mura, guardasse la città attraverso una sorta di “finestra”. 

Oggi, la chiesa presenta una facciata rettangolare realizzata con mattoni irregolari marroni, interrotta da una bifora centrale e sormontata da un rosone a raggiera. 

Sia la bifora che il rosone mostrano una raffinata decorazione con colonnine bianche dai capitelli ornati e animali stilofori che sostengono gli archetti sovrastanti. 

La sommità a cuspide dell’edificio è decorata con una cornice ad archetti e una croce metallica lavorata, simile a quella presente sul campanile.

All’interno, l’anticamera accoglie una epigrafe che ricorda il passaggio di San Francesco, mentre la chiesa stessa si presenta riccamente ornata con volte a botte color ocra, decorate con lunette floreali bianche e brune, da cui pendono piccoli lampadari di cristallo. 

Gli arredi sontuosi della chiesa risalgono al Secondo Dopoguerra, periodo della sua ristrutturazione generale. 

Tra i numerosi dipinti del secolo scorso spiccano l’affresco del Perdono di Assisi e la pala che raffigura la Visitazione di Maria ad Elisabetta, situata nell’abside. 

L’altare in marmo policromo del XIX secolo ospita al centro un tabernacolo sormontato da un grande timpano. In questo contesto moderno si distinguono la statua di San Rocco e il campanello bronzeo di San Francesco. 

La statua, che raffigura il santo con il suo fedele cane, dovrebbe risalire alla metà del XVII secolo, sebbene alcuni esperti ritengano che possa essere ancora più antica, risalente al Quattrocento.

Vico San Domenico – Borgo Antico

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Nell’area dell’attuale chiesa di San Domenico, nei pressi della Prefettura di Bari, esisteva anticamente una chiesa dedicata ai Santi Simone e Giuda. 

Questa chiesa è menzionata nelle bolle di papa Lucio II (1144), di Alessandro III (1168) e di Onorio III (1225), sempre extra muros Bari. 

Alcuni decenni dopo, la chiesa venne a trovarsi all’interno della cinta muraria, come attesta il suo passaggio ai Domenicani nel 1286. 

Già al tempo della prima ristrutturazione e ampliamento, la chiesa cominciò ad essere designata come San Domenico, dal nome del fondatore dell’Ordine dei Predicatori. 

Verso il 1290, vi risiedette come priore il noto fra Pietro d’Andria, già segretario e redattore delle opere di San Tommaso d’Aquino. 

Nel 1298, il re Carlo II d’Angiò donò alcuni edifici i cui proventi dovevano essere impiegati per la costruzione del convento e della chiesa. Nel 1309, il priore Giovanni di Acquaviva vendette alcune proprietà per accelerare i lavori. 

Entro il 1334, quando fra Matteo di Potenza era priore, due nobili fiorentini avevano scelto la chiesa come luogo di sepoltura. Nel 1347 vi trovò sepoltura anche fra Angelo da Bari, vescovo di Bitetto. 

Le guerre franco-spagnole degli inizi del Cinquecento segnarono un periodo di crisi, anche a causa della perdita dei contributi alla città, come dimostra una lettera di Bona Sforza ai frati, che chiedevano il ripristino del contributo tradizionale. 

La crisi dovette continuare, poiché dalla visita di mons. Orfino nel 1568 alcuni altari, come quelli di Santa Maria della Neve e di Santa Caterina, risultavano trasandati. 

Dalla visita di Ascanio Gesualdo nel 1622 risulta invece la notevole attività della confraternita del Rosario, esistente almeno dalla metà del XVI secolo. Ai primi del XVII secolo, la vecchia chiesa fu demolita per essere ricostruita in modo più imponente. 

Nel 1794 si procedette a una più vasta opera di ristrutturazione. Soppressi, come altri Ordini, nel 1809, i Domenicani rientrarono a Bari grazie a un decreto reale del 10 maggio 1820, andando a risiedere non più in San Domenico (sede dal 1815 dell’Intendenza, e più tardi della Prefettura), bensì nella chiesa del Rosario in Piazza Garibaldi. 

Intanto, la chiesa fu curata alacremente dalla confraternita del Rosario, che, fondata nel XVI secolo, aveva ottenuto il regio assenso il 30 ottobre 1768.

Soppressa nel 1806, nel 1846 ebbe nuovamente il regio assenso e nel 1900 divenne Arciconfraternita. All’interno si conserva ancora una bella tela della Vergine che consegna il Rosario a San Domenico, firmata da Andrea Miglionico, mentre quella raffigurante la Vergine che appare al beato Reginaldo, di Nicola Gliri (1674), attualmente si trova nella Cattedrale di Bari.

Strada Vallisa, 11 – Borgo Antico

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Tel: +39 391 795 1137

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Da più di trent’anni la Vallisa opera a Bari Vecchia ponendosi come cerniera tra il centro storico e la Bari nuova. 

In questi anni Vallisa Cultura è stata un centro culturale di idee, proposte, iniziative, progetti, che hanno dato spazio e visibilità a tanti artisti, coinvolgendo un pubblico sempre numeroso.

Vallisa Cultura ha creato un vero e proprio circuito di luoghi strutturati per moltiplicare l’offerta di spazi culturali nel Borgo Antico e per fare in modo che l’arte si senta di nuovo a casa. 

Luoghi di raduno, di incontro e di sperimentazione, a disposizione di tutti.Composizione Fusione e Diffusione dell’Arte. 

Recensioni, interviste, curiosità. Un giornale d’Arte a 360°, in tutte le sue forme ed espressioni. La redazione si occuperà delle svariate forme d’arte tra cui pittura, scultura, musica, grafica, video art, performing art, teatro, danza, cinema, design, letteratura, architettura, fotografia e altro.

Piazza del Ferrarese, 13 – Borgo Antico

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L’edificio dell’ex Mercato del Pesce si presenta come un compatto volume a due piani, scandito da un’ordinata partitura orizzontale e verticale. 

Il fronte su Piazza del Ferrarese ha le cinque campate centrali aperte sullo spazio del mercato, mentre la seconda e l’ottava campata consentono l’accesso alle scale per i piani superiori. 

L’apparato architettonico al piano terra è quello dell’edificio del primo Ottocento, con doppie paraste bugnate poggianti su un alto basamento in pietra che incorniciano le aperture ad arco e terminano con una cornice aggettante. 

Il primo piano si imposta su un attico con funzione di parapetto ed è caratterizzato da paraste di ordine ionico binate, alternate ad ampi finestroni rettangolari con epistilio a cuspide e fregio a conchiglia. 

La facciata termina con un cornicione sommitale su mensole, sovrastato dal parapetto del terrazzo. 

I prospetti su Corso Vittorio Emanuele e su Via Vallisa sono ripartiti rispettivamente in tre e quattro campate: il primo ha il piano terra finestrato, il secondo ha gli accessi alle botteghe, ora in ristrutturazione. 

Il prospetto est, pur mantenendo le caratteristiche degli altri fronti, presenta un ornato architettonico semplificato, che tradisce una fase di realizzazione più tarda; è chiuso alle due estremità da aperture architravate sormontate dalle finestre quadrate dei mezzanini.

Piazza IV Novembre – Borgo Antico

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Tel: +39 351 145 9819

Il Teatro Margherita fu edificato tra il 1912 ed il 1914 nell’ansa del vecchio porto su pilastri fondati nel mare, per eludere il patto siglato tra il Comune di Bari e la famiglia Petruzzelli secondo il quale l’amministrazione s’impegnava a non realizzare altri teatri sul suolo comunale, ad eccezione delle costruzioni sul mare. 

Il teatro sorse in sostituzione del Varietà Margherita, un teatro in legno inaugurato il 5 ottobre 1910, che fu oggetto di violente critiche sia da parte degli imprenditori locali, che presentarono un progetto simile senza ottenere l’autorizzazione, sia dai fratelli Messeni, proprietari del Teatro Petruzzelli, che nel varietà videro un potenziale concorrente. 

Il Margherita in legno ebbe vita breve in quanto il 22 luglio 1911, alle tre del mattino, il teatro fu raso al suolo da un violento incendio che lo distrusse nel giro di un’ora e le cui cause non furono mai chiarite, anche se non vi fu l’esclusione del dolo. 

La struttura del Teatro Margherita fu progettata in completo stile Liberty da Francesco De Giglio per conto della Società Anonima Pubblici Divertimenti Orfeo di Bari. 

La collaborazione al progetto di Luigi Santarella fu fondamentale per rendere il Margherita il primo edificio realizzato a Bari in cemento armato, e unico in Europa per la particolare costruzione su palafitte. 

L’architetto De Giglio, inoltre, per la costruzione ideò un particolare solaio gettato in opera costituito da cemento armato e pignatte, particolarmente leggero, economico e resistente, quindi adatto alle grandi luci previste dal particolare disegno del teatro. 

Questa nuova tecnica di costruzione fu un tale successo che venne presto presa a riferimento ed esportata in tutta Europa e quindi identificata dal neologismo identificativo “solaio alla Margherita” dal nome del teatro per cui fu ideato. 

Essendo interamente circondato dall’acqua il teatro era collegato alla terraferma da un pontile. L’inaugurazione del teatro con il nome di Kursaal Margherita ebbe luogo il 22 agosto 1914 alle ore 21, con uno scelto programma di varietà contenente i migliori numeri del Café-chantant e diverse spettacolari attrazioni. 

Nella seconda metà degli anni venti con l’aggiunta del solaio di calpestio, costruito dal Circolo della Vela al di sotto del teatro, e con la successiva colmata del lungomare, il Margherita abbandonò l’aspetto di costruzione sospesa sull’acqua e venne così isolato dal mare. 

La costruzione fu duramente criticata da Armando Perotti nel 1919, il quale affermò che chiudere alla vista il lungomare di Bari per edificare il Teatro Margherita fosse una “criminosa follia”. 

Nei saloni del Margherita ebbe sede dal 26 gennaio dello stesso anno, fino al termine della seconda guerra mondiale, il Museo Storico. Dopo essere stato spazio espositivo del museo fu allestita un’esposizione di guerra permanente e, dal 1921, insieme agli spettacoli di varietà furono alternate le proiezioni cinematografiche. 

Nel 1943 il Teatro Margherita, occupato dall’esercito angloamericano, venne rinominato Garrison Theatre trasformandosi in sede di servizi ausiliari e club per l’intrattenimento delle truppe. 

Fu danneggiato sia dal bombardamento del 2 dicembre 1943, sia dalle schegge dell’esplosione della nave Henderson il 9 aprile 1945. 

Nel 1946 fu riconsegnato alla Società Orfeo, che nel 1912 aveva ottenuto la concessione demaniale per la realizzazione del teatro, la quale ne promosse la ristrutturazione e lo adibì esclusivamente a cinema fino al 1979, quando la società restituì il bene al Demanio.

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Piazza Libertà – Murat

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In Piazza Libertà, di fronte al Teatro Comunale Niccolò Piccinni, si trova il Palazzo del Governo, sede della Prefettura di Bari. 

Si tratta di una struttura imponente, situata in una piazza dove spesso si tengono concerti e manifestazioni di vario genere. 

L’edificio divenne importante a partire dal 1906, quando Giuseppe Bonaparte decise di spostare il capoluogo da Trani a Bari. 

Il FAI si è occupato in passato di far conoscere al pubblico questo edificio, che racchiude, al piano nobiliare, sale piene di pitture risalenti alla fine degli anni ’30. 

Particolarmente bello è il Salone delle Feste, dove si svolgono le cerimonie ufficiali.

Corso Vittorio Emanuele II – Murat

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Il monumento a Niccolò Piccinni fu inaugurato nel 1885, anche se alla base è indicato l’anno 1884. Con la caduta dei Borbone, la passione per l’arte musicale trovò nuovi seguaci e l’attenzione di illustri figure si concentrò sul compositore barese, morto a Passy (Parigi) il 7 maggio 1800. 

In questo clima favorevole, il concittadino Giovanni Guarnieri, nel 1878, tradusse dal francese, per conto della “Editrice Loecher” di Torino, parte di un libro di Desnoiresterres e intitolò il lavoro “Niccolò Piccinni”. 

Il libro ebbe grande successo e incoraggiò Guarnieri a proporre ai baresi l’erezione di un monumento in onore del celebre musicista.

Corso Vittorio Emanuele II, 193 – Murat

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Tel: +39 080 850 6511

Lunedì: Chiuso

Martedì: 09:30 12:30

Mercoledì: 09:30 12:30

Giovedì: 09:30 12:30

Venerdì: 09:30 12:30

Sabato: 16:00 20:30

Domenica: Chiuso

Costruito al di sopra della sorgente sotterranea “Mare Isabella”, Palazzo Fizzarotti presenta più strati architettonici. 

Nel suo interno sono visibili strutture del XIII secolo risalenti a vecchi conventi e stazioni di ristoro esterne alle mura della città medioevale. 

Nel 1850, con l’abbattimento delle mura medioevali e l’ampiamento della città attraverso il quartiere murattiano, vengono connesse due zone di suolo da Nicola Lagattola. 

Nel novembre 1858 gli eredi Lagattola vendono il terreno a Nicola Loiacono che costruisce piano terra e primo piano in stile barocchetto, demolendo e inglobando al suo interno le antiche strutture duocentesche. 

L’ultima erede Loiacono, Rosa, vende nel 1879 l’intero complesso all’imprenditore Emanuele Fizzarotti che lo modifica, sopraelevando il secondo e terzo piano e applicando una facciata gotica veneziana. 

Il Fizzarotti, un uomo estremamente attento alla cultura, all’arte e alla musica, volle fare del Palazzo un contenitore culturale, infatti la sua costruzione e decorazione divenne un’opera di mecenatismo che impegnò maestranze a livello locale e nazionale. 

Il costruttore fu Nicolangelo Favia, sotto la direzione di Cesare Augusto Corradini che disegnò e dipinse anche opere pregevoli fra cui L’arrivo a Bari nel 1002 del Doge Orseo II che libera la città ed Il corteo nuziale di Federico II e Iolonda de Brienne. 

Alla maestria del pittore Rega si deve il meraviglioso ciclo del Salone delle Arti e del lavoro e a maestranze provenienti da Venezia e Ravenna i fregi e le opere murarie. 

In seguito alla scomparsa di Emanuele Fizzarotti, sopraggiunta nel 1926, il palazzo divenne prima, negli anni 1930, proprietà e sede della Banca del Fucino e poi, dopo lo sbarco degli alleati nel sud Italia, sede del Circolo Ufficiali Alleati. 

Tra gli anni 1960 e 1980 fu invece sede degli uffici della Comunità Europea. Nel 1947 Giosuè Poli prende la gestione di Palazzo Fizzarotti a nome dell’Immobiliare Pugliese S.p.A. A partire da quel momento, l’Immobiliare Pugliese e i suoi azionisti si sono impegnati prima nella salvaguardia del palazzo da pressioni politiche e finanziarie, quindi poi al suo recupero e valorizzazione.

Corso Vittorio Emanuele II, 84 – Murat

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Tel: +39 080 577 2465

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Il Teatro Comunale Piccinni di Bari, situato in Corso Vittorio Emanuele II, è un esempio di architettura teatrale all’italiana, inaugurato nel 1854 su progetto dell’architetto Antonio Niccolini. 

La sua costruzione ebbe inizio il 18 ottobre 1840, come annotato dallo storico Giulio Petroni. 

Giuseppe Castagna, figura di spicco presso la Scuola Reale di Scenografia, supervisionò i lavori decorativi, con la collaborazione di un gruppo di artisti provenienti da Napoli. 

Luigi de Luise, pittore figurista, e Leopoldo Galluzzi, ornamentista, si occuparono del velario, mentre Fortunato Queriau, direttore delle macchine del Teatro di San Carlo di Napoli, si dedicò alle macchine sceniche e al palcoscenico. 

Pietro Venier, scenografo del Teatro di San Carlo, contribuì con il design delle scene, mentre il telone fu curato da Michele De Napoli. 

Il progetto originale del teatro presentava soluzioni innovative, evidenziando l’attenzione dell’architetto per le parti strutturali e funzionali dell’edificio, come l’acustica e la visibilità. 

Niccolini concepì un edificio con un prospetto unitario, dove il corpo centrale più alto si integrava armonicamente con quelli laterali attraverso cornici orizzontali dei marcapiani e una linea semplice del tetto. 

Mentre il teatro occupava il corpo centrale dell’edificio, le ali laterali, completate nel 1876 su progetto di Giovanni Castelli, ospitavano il Municipio e il Tribunale. 

La facciata del teatro evocava l’immagine di un tempio, con una breve gradinata, colonne doriche maestose e un portico che simboleggiava la dignità dell’edificio.

Via Sparano da Bari – Murat

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Tel: +39 080 521 4264

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Lunedì: 07:30 12:00 / 16:30 – 20:00

Martedì: 07:30 12:00 / 16:30 – 20:00

Mercoledì: 07:30 12:00 / 16:30 – 20:00

Giovedì: 07:30 12:00 / 16:30 – 20:00

Venerdì: 07:30 12:00 / 16:30 – 20:00

Sabato: 07:30 12:00 / 16:30 – 20:00

Domenica: 07:30 12:00 / 16:30 – 20:00

La chiesa, voluta dall’arcivescovo Michele Basilio Clary che aveva chiesto a Ferdinando II di costruirla per sostituire una piccola cappella con spazio per solo una ventina di fedeli, fu cominciata nel 1844 e finita nel 1849, quando venne consacrata il 5 di maggio e concessa alla confraternita di Santa Filomena.

Il 21 giugno 1887 fu fatta vicaria-curata capitolare e venne scelto come primo prete Beniamino Bux, che volle rendere più bella la chiesa, con lavori di decorazione che terminarono nel 1900, realizzati da Nicola Colonna. 

Tra il 1933 e il 1934 Sapero Dioguardi realizzò la nuova facciata della chiesa, nel mezzo di un piano di ristrutturazione del quartiere Murattiano venne eretto in prossimità un nuovo complesso di palazzi, e fu quindi ristrutturata in modo da assomigliare ad esso.

Poco prima, tra il 1938 e il 1939, l’interno venne ridipinto da Umberto Colonna.

Fu resa parrocchia nel 1956 dopo un piccolo lavoro nel 1969, fu completamente restaurata nel 1999, con l’eliminazione della carta da parati, la sua sostituzione con l’Intonaco e un nuovo spazio per il prete.

Corso Cavour, 2 – Umbertino

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Tel: +39 080 553 8659

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Lunedì: 09:00 18:00

Martedì: 09:00 18:00

Mercoledì: 09:00 18:00

Giovedì: 09:00 18:00

Venerdì: 09:00 18:00

Sabato: Chiuso

Domenica: Chiuso

La Camera di Commercio di Bari è stata fondata il 27 marzo 1849, sotto il regno di Ferdinando II, con la denominazione di Camera Consultiva di Commercio. 

La concessione di Ferdinando II avveniva dopo le vicende del 1848, quasi a segnare una pausa ai riflessi negativi nella vita politica e sociale barese. 

Dopo la rivoluzione napoletana del 1799 ed il ritorno di Ferdinando IV, Bari aveva vissuto un’ indubbia fase di ascesa nel breve periodo dei Napoleonici: prima con Giuseppe Bonaparte, poi con Gioacchino Murat, fino al 13 ottobre 1815, quando quest’ ultimo venne deposto e fucilato a Pizzo di Calabria. 

Fu proprio durante la dominazione francese che fu avanzata la prima richiesta barese per la costituzione di una Camera di Commercio. 

L’ 11 giugno 1809, l’ Intendente fu invitato a svolgere approfonditi accertamenti sullo sviluppo economico di Bari e “sul motivo della molteplicità dei commercianti che rinchiude, delle colonie Mercantili, che mantengono un commercio attivo con tutta la Puglia, e della sua marittima situazione”. 

Dalla relazione del consigliere d’ Intendenza Sagarriga Visconti, risultò che Bari, situata, com’ era, al centro della provincia, sulla riva meridionale dell’ Adriatico, intratteneva rapporti commerciali molto attivi non solo con la Terra d’ Otranto e le altre città del Regno, ma anche con Ancona, Ferrara, Trieste e Fiume e ciò consigliava l’ attivazione della sollecitata Camera Consultiva di Commercio. 

L’ attività mercantile cittadina si basava sull’ esportazione dell’ olio e delle altre principali derrate, specie mandorle, anici, semi di lino. 

L’ intraprendenza dei baresi emergeva anche nelle fiere annuali di Barletta, Bari e Gravina. 

Con Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, Bari godette di attenzioni e interventi che ne mutarono profondamente il corso della storia politica, economica e sociale. 

Tra questi, l’ elezione a capoluogo di provincia e sede dell’ Intendenza, le concessioni di franchigie doganali per il porto e le fiere, il riassetto della pubblica finanza, l’ abolizione delle vecchie contribuzioni che pesavano sui lavoratori, il miglioramento della giustizia, la costruzione del nuovo Borgo come passo irrinunciabile verso l’ espansione edilizia e demografica. 

La città puntava non solo ad una nuova esistenza civile, mediante la trasformazione socio-educativa, l’ installazione della pubblica illuminazione, la sistemazione della viabilità interna, l’ apertura degli uffici di stato, civile e del catasto, l’ istruzione elementare per tutti, l’ incremento della secondaria, la diffusione della cultura, la costruzione di un teatro; ma anche all’ elevazione del livello economico, alla quale la Camera Consultiva di Commercio doveva mirare unificando, regolando e incrementando la ricchezza del suo territorio. 

La pratica, benché avviata, rimase in sospeso fino a quando il governo borbonico la portò a termine con l’ emanazione del Decreto del 27 marzo 1849. 

Compito fondamentale della Camera Consultiva di Commercio di Bari era di “proporre quanto credesse conveniente alla prosperità del commercio della provincia”. I risultati non mancarono. 

In poco meno di dieci anni la continua crescita dell’ attività commerciale e la presenza in città di operatori esteri avevano determinato l’ apertura di dieci agenzie consolari, l’ inaugurazione del Banco, l’ avvio della realizzazione del nuovo porto, l’ attivazione del collegamento telegrafico con Napoli e della Borsa di commercio. 

Nel 1862, un anno dopo l’ unificazione dell’ Italia, la Camera Consultiva di Commercio divenne Camera di Commercio ed Arti. 

Il nome mutò ancora nel 1910 in Camera di Commercio e Industria per assumere, dopo il fascismo e la seconda guerra mondiale, quello quasi definitivo di Camera di Commercio Industria e Agricoltura. 

La denominazione attuale di Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura risale al 1966. 

La sua nuova fisionomia, di Ente esponenziale della collettività locale degli imprenditori e dei consumatori, viene definita dalla legge n. 580/1993 che ne qualifica il ruolo di interlocutore privilegiato all’ interno della realtà economica locale. 

Attraverso l’ elezione degli Organi istituzionali (fine 1999 – inizi 2000) la Camera riconosce la rappresentatività degli interessi generali dell’ imprenditoria locale e dei consumatori nell’ esercizio delle attribuzioni conferitele dalla legge di riforma. 

La sua realtà, in costante espansione, inserendosi nelle nuove logiche di mercato, è destinata a rappresentare il volano per lo sviluppo del tessuto produttivo provinciale e per la sua integrazione con quello nazionale ed internazionale. 

Come centro propulsivo del sistema socio-economico, per lo sviluppo delle economie locali e per la crescita del territorio, preposto alla cura ed alla certificazione delle imprese, alla regolazione e trasparenza del mercato, la Camera di Commercio di Bari avverte l’ importanza di agevolare la capacità di accesso dell’ utenza ai propri servizi.

Corso Cavour, 4 – Umbertino

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Tel: +39 080 573 1111

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Lun/Mon: 08:15 13:30

Mar/Tue: 08:15 13:30

Mer/Wed: 08:15 13:30

Gio/Thu: 08:15 13:30

Ven/Fri: 08:15 13:30

Sab/Sat: Chiuso/Closed

Dom/Sun: Chiuso/Closed

Nel quartiere Umbertino, delimitato dal lungomare Araldo di Crollalanza, corso Cavour, via Cardassi e via Abbrescia, sull’area che ospitava i capannoni del Mercato coperto, è stato edificato l’elegante palazzo della Banca d’Italia che si affaccia su corso Cavour, tra la Camera di Commercio e il Teatro Petruzzelli. 

I lavori di costruzione si protrassero dal 1926 al 1932 su progetto dell’ingegner Accolti Gil. 

Con la sua imponente mole l’edificio si sviluppa su quattro livelli, oltre al piano interrato, con ingresso monumentale, preceduto da una scalinata e quattro colonne che sostengono la grande balconata di rappresentanza. 

La facciata alterna il bianco della pietra per la fascia inferiore con il rosso dei livelli superiori. 

Nei due livelli superiori si aprono finestre timpanate e architravate. 

L’edificio si allontana dall’architettura monumentale, che negli stessi anni viene promossa per gli edifici pubblici dal Regime, e richiama invece tratti distintivi dell’eleganza rinascimentale e manierista.

Corso Cavour, 12 – Umbertino

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Tel: +39 080 975 2810

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Nella seconda metà dell’Ottocento, sulla scia delle altre grandi città italiane, Bari era già dotata di un Teatro comunale pubblico, il Teatro Piccinni, inaugurato nel 1854. 

La limitata capienza di questo contenitore culturale (circa mille posti) fu all’origine di diversi malumori tra i cittadini che, a causa di una politica di prezzi troppo alti e dello scarso numero di posti disponibili, cominciavano a invocare un teatro «di tutti e per tutti». 

Ad alimentare questo clima turbolento si aggiunse il successo, nel 1890, di «Cavalleria Rusticana» di Pietro Mascagni che – aggiudicandosi nel 1883 il «Concorso Sonzogno» – si impose sulla scena nazionale. 

A Bari c’era grande attesa per l’opera del musicista, pugliese di adozione. Mascagni aveva infatti composto il suo capolavoro a Cerignola, dove aveva vissuto per molti anni. 

Purtroppo il Piccinni non si prestava ad accogliere l’allestimento dell’opera: la necessità di un grande teatro era ormai un’esigenza imprescindibile. 

Il Consiglio comunale aveva già affrontato la questione con due delibere del 1877, con cui si impegnava ad assegnare un premio di 12 mila lire e il suolo necessario, a titolo gratuito, all’impresa che si fosse dichiarata disposta a costruire un teatro, nei termini e nei modi previsti. 

I fratelli Onofrio e Antonio Petruzzelli, commercianti e armatori di origine triestina, presentarono un progetto curato da un loro cognato, l’ingegnere barese Angelo Cicciomessere (poi diventato Messeni, in seguito a un Decreto Reale). 

Il progetto fu approvato nel 1895 (e poi rivisto nel 1898), ma l’avvio dei lavori continuava a tardare. 

Ogni remora venne definitivamente abbandonata in seguito ai disordini popolari causati dall’aumento del dazio sulla farina: le autorità cittadine decisero allora di porre in essere un nutrito programma di opere pubbliche, per dare lavoro a un gran numero di persone ed alleviare così le tensioni sociali.

Via Salvatore Cognetti, 36 – Umbertino

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Mer/Wed: Chiuso/Closed

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Dom/Sun: 10:00 12:00

Con provvedimento del 1924, l’ing. Gaetano Postiglione, Regio Commissario dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese, affidò al trentunenne Cesare Vittorio Brunetti, avventizio presso l’acquedotto da soli 16 mesi, il progetto per la costruzione di un edificio nel borgo murattiano, che fosse testimonianza perenne della storica conquista dell’acqua e, al tempo stesso, sede degli uffici tecnici e amministrativi dell’Ente. 

Sette anni trascorsero perché la città di Bari e la Puglia intera potessero ammirare questo splendido esempio di romanico pugliese di transizione, come fu definito dallo stesso Brunetti.

Largo Adua, 5 – Umbertino

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Il teatro Kursaal Santalucia fu progettato nel 1924 da Orazio Santalucia, su commissione della sua stessa famiglia, realizzato in stile tardo Liberty. 

La famiglia Santalucia, voleva far concorrenza agli altri teatri baresi ispirandosi alle kursaal del Nord Europa. 

Nel 1936 il teatro fu affittato da un’associazione fascista che gli cambiò nome in Dopolavoro delle Forze Civili, trasformandolo da palcoscenico elitario in un passatempo per la piccola borghesia che assisteva per poche lire a spettacoli di attori dilettanti Nel 1945 cambiò il suo nome in Cine Teatro Santalucia, continuando così con la doppia attività di cinema e teatro. 

Nel 1950 assumerà definitivamente il nome di Kursaal Santalucia, dedicandosi principalmente alla proiezione di lungometraggi. 

Nel 1955 grazie ad un grosso lavoro di ristrutturazione con conseguente ampliamento della sala da 700 a 1000 posti, il Kursaal tornò in parte a rivivere i fasti del passato, anche se nel corso del tempo perse sempre più importanza sino alla sua prima chiusura avvenuta alla fine degli anni ’70.

Nel 1981 venne acquistato all’asta, per 700 milioni di lire, dalla società Fabris s.a.s. di Tonio Buompastore, che nel 1985 avviò un considerevole restauro affidando i lavori all’archistar Paolo Portoghesi. 

Il Kursaal fu riaperto il 12 settembre 1991, poco prima dell’incendio del Teatro Petruzzelli. Per vent’anni godette di buona salute, vantando anche la direzione artistica di Gigi Proietti, fino al 2011, quando con un cambio normativo le scale antincendio risultarono non più conformi e condussero alla forzata chiusura del teatro. 

Questo gravò fortemente sui conti economici della società proprietaria che dopo una lunga battaglia legale portò alla chiusura del teatro avvenuta definitivamente nel 2012.

Nel 2021, dopo 10 anni di chiusura e due anni di lavori per il restauro è stato riaperto al pubblico il 24 settembre in concomitanza della serata di avvio del Bari International Film Festival (Bif&st). 

Ad inaugurare il teatro e la manifestazione è stata la proiezione del documentario Ennio di Giuseppe Tornatore dedicato alla vita e alla carriera del compositore cinematografico Ennio Morricone.

Nel 2022 viene scelto come sede della cerimonia di premiazione della 74ª edizione del Prix Italia.

Il Kursaal Santalucia insieme al teatro Piccinni, al Margherita e al teatro Petruzzelli formano il Miglio dei teatri.

Via Nicolò Putignani, 70 – Murat

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Tel: +39 080 219 4611

Lun/Mon: 09:30 20:30

Mar/Tue: 09:30 20:30

Mer/Wed: 09:30 20:30

Gio/Thu: 09:30 20:30

Ven/Fri: 09:30 20:30

Sab/Sat: 09:30 20:30

Dom/Sun: 10:00 20:30

Il palazzo, progettato nel 1923 dall’Architetto Aldo Forcignanò e dall’Ingegnere Gaetano Palmiotto per il Cavalier Michele Mincuzzi, venne costruito tra il 1926 e il 1928, con soluzioni tecnologiche molto avanzate per l’epoca, in cemento armato fino ad allora impiegato soltanto nella costruzione del Teatro Margherita progettato dall’Ingegnere Francesco De Giglio e della sede dei biliardi Rutigliani. 

Venne inaugurato con una grande festa il 28 ottobre 1928. 

La facciata del Palazzo è dominata da elementi architettonici e decorativi come archetti, lesene bugnate, capitelli ionici e mascheroni. 

Molto bella è la cupola sul timpano, sormontata da una sfera interamente rivestita di tessere di vetro, ricoperte ognuna da una sottile lamina d’oro. 

Gli ultimi due piani sotto la cupola erano riservati alle abitazioni dei proprietari; prestigiosi appartamenti affacciati su via Putignani e via Sparano, con luminosi saloni delle feste, sala da biliardo e cappella privata. 

Nel tempo Palazzo Mincuzzi è diventato il luogo simbolo di Bari, intesa come città commerciale oltre che uno dei più prestigiosi negozi baresi.

Via Spalato, 19  – Madonnella

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Tel: +39 080 541 2420

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Lunedì: Chiuso

Martedì: 09:00 19:00

Mercoledì: 09:00 19:00

Giovedì: 09:00 19:00

Venerdì: 09:00 19:00

Sabato: 09:00 19:00

Domenica: 09:00 19:00

La Pinacoteca “Corrado Giaquinto” di Bari nacque ufficialmente il 12 luglio 1928, dalla confluenza del nucleo di dipinti (qui pervenuti in seguito alla soppressione dei conventi nella seconda metà dell’800) già conservati nella Pinacoteca annessa al Museo Archeologico Provinciale sorto nel 1875, di altri dipinti ceduti a titolo di deposito da chiese e conventi pugliesi, di opere ottenute in prestito dalle Gallerie Nazionali di Napoli e di Roma e di altre acquistate dalla stessa Amministrazione Provinciale di Bari. 

Così come si presenta attualmente, la Pinacoteca fornisce un’ampia documentazione dell’arte pugliese – o in relazione con la Puglia – dall’XI al XX secolo. 

Il materiale esposto comprende: una sezione medievale (sculture dei secc. XI-XV, icone pugliesi dei secc. XII-XIV); dipinti veneti provenienti da chiese della regione (sono presenti opere di Antonio e Bartolomeo Vivarini, Giovanni Bellini, Paris Bordon, Paolo Veronese, Jacopo Tintoretto); dipinti pugliesi dei secc. XV-XVI (Tuccio d’Andria, Costantino da Monopoli, Andrea Bordone); dipinti napoletani o di scuola napoletana dei secc. XVI-XVIII (con opere di Marco Pino, Paolo Finoglio, Maestro degli annunci ai pastori, Andrea Vaccaro, Luca Giordano, Giuseppe Bonito, Lorenzo De Caro, Francesco De Mura, Fedele Fischetti, Domenico Mondo); un prezioso nucleo di dipinti del Giaquinto; una raccolta di pittura dell’Ottocento (con le prestigiose presenze di Giuseppe De Nittis, Francesco Netti, Domenico Morelli, Giovanni Boldini, Teofilo Patini e altri). 

Notevole il nucleo di ceramiche, per lo più di produzione pugliese del Sei e Settecento, pervenute in Pinacoteca attraverso la donazione De Gemmis, avvenuta nel 1957. 

Un anno dopo veniva invece donato il grande presepe cosiddetto Caleno (dal nome del proprietario originario), consistente in circa 500 figure e suppellettili che, pur difforme per cronologia, materiali, qualità stilistica, vanta comunque esemplari di grande o grandissimo pregio risalenti ai secc. XVIII-XX. 

Agli anni Ottanta risale l’acquisto del fondo fotografico del Cav. Vincenzo Simone (Gravina di Puglia 1892 – Bari 1968), consistente in circa 14.000 lastre in vetro da servire alla stampa di cartoline riproducenti numerose località meridionali, tra cui particolarmente rappresentate le pugliesi e le lucane. 

Dal marzo 1987 è esposta in Pinacoteca la Collezione Grieco, cinquanta prestigiosi dipinti italiani del secondo Ottocento (gli artisti maggiormente rappresentati sono i macchiaioli: Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Telemaco Signorini, Raffaello Sernesi, Giovanni Boldini, etc.) e del primo Novecento (Pellizza da Volpedo, Morbelli, Sironi, De Chirico, Carrà, De Pisis, Viani, Campigli, etc.). 

Nel 2003, ad incrementare il patrimonio della Pinacoteca, ha concorso il Banco di Napoli che ha concesso, a titolo di deposito temporaneo a lungo termine, numerosi dipinti il cui nucleo principale è costituito da opere napoletane o di presumibile provenienza napoletana, comprese fra i secc. XVI-XIX. 

Di proprietà dell’Amministrazione Provinciale di Bari, ma esposta dal 1957 presso il Castello Svevo di Bari, è invece la cosiddetta “Gipsoteca”, costituita da calchi delle più importanti testimonianze scultoree pugliesi, il cui nucleo principale fu realizzato per l’Esposizione Internazionali di Belle Arti di Roma nel 1911. 

Al di là delle sue collezioni permanenti, sin dalla sua origine la Pinacoteca ha anche una lunga storia di iniziative temporanee finalizzate alla crescita culturale della sua comunità territoriale: mostre, presentazioni di libri, conferenze, appuntamenti del ciclo “Arte e Musica”, restauri, ricerche e pubblicazioni, seminari, convegni, incontri formativi etc.; di una certa importanza, nell’ambito delle attività della Pinacoteca, è proprio la storia delle mostre temporanee allestite nelle sue sale. 

Al seguente link è riportato l’elenco dettagliato delle esposizioni più recenti, a partire dalla memorabile Mostra dell’arte in Puglia dal Tardoantico al Rococò, curata da Michele D’Elia nel 1964.

Piazza Umberto I, 1 – Murat

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Tel: +39 080 521 1394

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Lunedì: 09:00 13:00

Martedì: 09:00 13:00 / 14:30 16:30

Mercoledì: 09:00 13:00

Giovedì: 09:00 13:00 / 14:30 16:30

Venerdì: 09:00 13:00

Sabato: Chiuso

Domenica: Chiuso

L’edificio che ospita l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” venne costruito a partire dal 1868, su progetto del napoletano Giovanni Castelli, che realizzò una struttura dalle forme classiche, la cui facciata al primo sguardo ricorda proprio quella del Palazzo Reale di Napoli, con il torrino centrale arricchito dalla campana. 

L’Ateneo rappresenta il primo edificio pubblico realizzato a Bari dopo l’Unità d’Italia. 

I lavori per la costruzione dell’immenso palazzo terminarono nel 1890 e questo andò da subito ad accogliere le sedi delle principali scuole di alta formazione del capoluogo pugliese. 

Tuttavia, il decreto di istituzione dell’Università arrivò in ritardo di 35 anni, solo nel 1924. 

Inaugurata l’anno seguente, venne ufficialmente denominata “Università Adriatica Benito Mussolini”. Recentemente, nel 2008, si decise di intitolare l’istituzione ad Aldo Moro. 

L’ingresso principale dell’Ateneo dà direttamente su Piazza Umberto, anche se quelli usati dagli studenti sono essenzialmente quelli laterali, posti rispettivamente su Via Crisanzio e Via Nicolai. 

Proprio da Via Crisanzio si accede agli ambienti più ricchi del piano terra: l’Aula Magna intitolata al professor Aldo Cossu e lo scalone d’onore. 

Attraversando la facciata color crema articolata su tre livelli, si giunge in una serie di atri interni all’edificio. Partendo da quello che dà su Via Crisanzio, si trova accede a un corridoio, perpendicolare all’ingresso, al termine del quale si trova l’Aula Magna dell’edificio. 

Più che un’Aula Magna sembra una cappella, e a suggerire ciò c’è anche la presenza di un’abside in una delle pareti dell’ambiente. 

La sala è illuminata da alcune ampie finestre, dalle quali la luce illumina le pareti rivestite di legno e affreschi. Il soffitto è arricchito dalla presenza delle allegorie dei saperi, realizzate dai fratelli Prayer, gli stessi che hanno decorato le sale del teatro Kursaal con splendidi affreschi liberty. 

In questo caso, invece, si riprendono dei canoni più classici, al più eclettici, che finiscono per occupare tutte le superfici disponibili con figure di sapienti, putti e decorazioni floreali e geometriche. 

Nell’abside assistono idealmente ai convegni che si svolgono nell’aula le figure di Morgagni, Galilei, Leonardo, Dante, D’Aquino e Vico, rappresentate mentre sono raccolte attorno a un melograno. 

Se torniamo indietro nell’atrio e proseguiamo per addentrarci nella struttura, a un certo punto si notano due cancellate sulla sinistra: si tratta degli accessi allo scalone d’onore, che si affaccia direttamente anche sulla corte principale che dà su Piazza Umberto. 

La scala a doppia rampa, che permette di accedere agli ambienti di rappresentanza del primo piano, si innesta in un ricco ambiente arricchito da una decorazione azzurra che ben si affianca al bianco del marmo in cui la stessa scala è realizzata. 

L’ambiente, ottimamente illuminato da ampi finestroni, fu completamente affrescato dall’artista Rinaldo Casanova, che realizzò decorazioni di festoni, cartigli e putti. 

Lo stesso Casanova realizzò le decorazioni che arricchiscono gli ambienti del primo piano, utilizzati dalla segreteria e dal rettorato e, quindi, off-limits per gli studenti se non in particolari occasioni o eventi che qui trovano luogo.

Piazza Umberto I – Murat

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L’undici giugno 1905 la città di Bari si svegliò tutta imbandierata al suono di numerose bande che percorsero le sue strade invitando i cittadini ad affluire nei giardini dell’Ateneo per assistere all’inaugurazione del monumento a Umberto I. 

Alla particolare cerimonia intervennero i reali, Vittorio Emanuele III con la moglie, accolti con i massimi onori dal sindaco Paolo Lembo (i suoi elettori lo sostenevanO al grido di “Uaggnùne, gredàme sèmbe/ Evviv’a PPàule Lèmbe/ S’ha sfennàte la grangàssce/ E Petrère è ssciùt’abbàssce”: Ragazzi, gridiamo sempre. Viva Paolo Lembo. 

La grancassa propagandistica dei nostri avversari s’è rotta e Petrera ha perduto. 

Petrera era un altro stimato uomo politico del tempo militante in partito avverso). 

La cittadinanza si riversò in Piazza Umberto ed esternò la sua sentita partecipazione all’ avvenimento, che venne considerato quale riconoscimento onorifico della crescente presenza di Bari nella vita della comunità nazionale. 

Agli interminabili evviva si mescolarono pure quelli dei facchini, cioè “de le vastàse de la Sòggie” (`vastàse’ dal greco ‘bastazo’: io porto; ‘Sòggie’: società operaia) che, capitanati da Pietro Di Benedetto, soprannominato “u Nase”, nel 1880 ottennero le prime case popolari in piazza Sant’ Antonio, inaugurate proprio da Umberto I. 

La coppia reale assistette alla rappresentazione dell’Aida al Petruzzelli e, venne accolta dalla marcia reale e dell`entusiastico saluto degli spettatori. 

I festeggiamenti allietarono tutti, eccetto lo scultore molfettese Cifariello, il quale pochi giorni prima aveva dovuto litigare con il fonditore Bastianelli che lo percosse durante un diverbio causato dalla rottura di alcuni calchi. 

E per ottenere un acconto ricorse all’espediente di non consegnare la coda del cavallo di bronzo fino a quando non gli avessero versato il denaro dovutogli. 

A tali spiacevolezze si aggiunsero le conseguenze del frivolo carattere della moglie, incoraggiante e arrendevole preda di cacciatori di avventure galanti ed il fatto sfociò in fosca tragedia. 

In una vita densa di amarezza lo scultore ricordò sempre con gratitudine l’amicizia dei Re David ed il suo eccellente collaboratore Cozzoli di Molfetta. Ma sembrerà strano che, in ispregio agli unanimi consensi, l’unico insoddisfatto del monumento fu proprio il suo autore. 

Egli dichiarò: “Lavorai indefessamente ed esposi al pubblico la statua equestre. Contrariamente ad ogni mia aspettativa piacque molto;  io avrei imposto la mia volontà per evitare la coreografica rappresentazione di un re buono e pietoso in atteggiamento di generale: e neppure di conquistatore ma di generale che passa in rivista le truppe. 

Pare incredibile che nessuno ancora si accorga di simili stonature”. (da “Bari dei fanali a gas” di a.g.- riproduzione riservata)

Piazza Aldo Moro – Murat Google Maps Link WEB

La stazione nasce nel 1864 in una zona all’epoca in piena espansione. 

Costruita come una tipica stazione di transito presentava una struttura caratterizzata da una tettoia a falde piane che copriva i due binari di corsa e quello di attraversamento con le relative banchine. 

Lo stile del fabbricato viaggiatori privilegiava un linguaggio di caratteri essenziali e forme geometriche. 

La neonata stazione necessitò quasi subito di ampliamenti per l’enorme sviluppo del traffico ferroviario a cavallo tra i secoli XIX e XX. 

Tra il 1865 e il 1906 furono aggiunti 5 binari e fu ingrandito il corpo centrale del fabbricato cui furono aggiunti alcuni edifici accessori. 

Una nuova serie di lavori di ampliamento si sono svolti tra il 1906 e il 1945 che ne mutarono l’aspetto e le dimensioni originarie. 

In particolare nel 1930 fu effettuata la sopraelevazione di un piano dell’edificio centrale e furono chiuse le rientranze presenti tra lo stesso e gli edifici laterali. 

Nell’atrio della biglietteria i pilastri furono sostituiti con colonne doriche in marmo. 

A partire dal 1946 un nuovo piano regolatore della stazione portò a una nuova configurazione degli spazi. Negli anni duemila Bari Centrale è stata inserita nel programma di riqualificazione degli scali italiani gestiti da Grandi Stazioni. 

In particolare sono stati svolti dei lavori finanziati con 12 milioni di euro (per il 90% forniti dal Ministero delle infrastrutture) che hanno compreso la ristrutturazione dei tre sottopassaggi, i quali, essendo per la città un corridoio fondamentale per il collegamento del quartiere Murat con gli altri quartieri urbani, sono stati ampliati (dai precedenti tre metri di larghezza si è passati a cinque metri), dotati di un ascensore per ogni banchina e di scale mobili per l’accesso all’antico e al nuovo fabbricato viaggiatori, il quale è stato costruito lungo Via Capruzzi per 140 metri ed è organizzato su tre livelli, i quali possono ospitare nuovi servizi per i viaggiatori ed uffici, che avranno una veduta completa del cosiddetto estramurale, in virtù della facciata completamente in vetro.

La stazione di Bari Centrale è da sempre un hub strategico per il trasporto urbano del capoluogo e del suo hinterland, in virtù delle molteplici aziende di trasporto pubblico che vi operano, tra cui Trenitalia, le Ferrovie del Sud Est, che operano all’interno del fabbricato principale nella loro divisione ferroviaria e presso Largo Ignazio Ciaia (a 200 metri dalla stazione centrale) nella loro divisione automobilistica, le Ferrovie del Nord Barese, attraverso cui è raggiungibile in circa quindici minuti l’Aeroporto Internazionale “Karol Wojtyla”, le Ferrovie Appulo Lucane, unico collegamento ferroviario attivo e pienamente funzionante con la città di Matera, tutte collegate attraverso il rinnovato sottopassaggio giallo, e l’azienda di trasporto pubblico urbano Amtab, la quale fa confluire la maggior parte delle sue linee proprio in Piazza Moro, su cui si affaccia il fabbricato viaggiatori del 1864. 

Nel 2023 la stazione è stata adeguata con l’istituzione del binario 11 per l’attestamento dei treni della ferrovia Bari-Bitritto, attivata dopo 35 anni di lavori.

Sono stati inoltre avviati nel 2023 i lavori per la costruzione del nuovo terminal bus adiacente alla stazione dal lato di via Capruzzi per snellire il traffico sulla via, occupata da tutti gli autobus extraurbani in partenza dalla città.

Piazzetta Sant’Antonio, 5 – Murat

Tel: 080 524 7275

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I frati Minori Riformati vennero in Bari nel 1617. Fino al 1622, costruirono il convento e la chiesa, che fu dedicata a S. Bernardino da Siena e fu consacrata dall’Arcivescovo Ascanio Gesualdo il 17 ottobre 1627. 

La chiesa, però, in seguito a gravi lesioni determinate dal terremoto del 1831, crollò nella notte del 5 dicembre 1834. 

Essa venne riedificata e ampliata negli anni 1836-1839. In seguito fu dedicata a S. Antonio di Padova. 

I frati dovettero lasciare S. Antonio il 22 maggio 1866, essendo stato occupato il convento dalle truppe garibaldine. 

Il convento fu poi trasformato in caserma militare, eccetto quattro celle e parte di un piccolo corridoio. 

Nel 1887 venne eretta nella chiesa la Vicaria-curata Capitolare col titolo di S. Antonio, che vi funzionò fino al 1930, allorquando la chiesa e il convento, per opera del solerte fra Fedele Brandonisio, ritornarono in possesso dei frati Minori. 

Nel 1932, dalla Ditta Tamburini, fu costruito un grande organo. 

Fra Brandonisio nel 1934 acquistò un suolo per costruire un nuovo convento, ampliò la chiesa e la prolungò di ben 11 metri. 

Il 19 marzo del 1931 nacque la Confraternita di Maria SS. della Pietà e di S. Antonio. Mons. Enrico Nicodemo eresse la parrocchia il 13 giugno 1956. Annesso al convento, nel 1956, sorse l’lstituto educativo-assistenziale per minori disagiati “S. Antonio”. 

Attualmente il Centro diurno è gestito da una cooperativa esterna.

Piazzetta Sant’Antonio, 5 – Murat

Tel: 080 524 7275

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Il complesso parrocchiale della chiesa di S. Giuseppe occupa un’area dì circa 10.000 mq., 

il tempio impegna mq. 1658,20; dall’entrata al fondo dell’abside è lunga m. 45; 

la navata centrale è larga m. 13; quelle laterali m. 5 ciascuna; la larghezza complessiva è di m. 23. 

L’altezza è di m. 24 per la centrale, mentre quella delle navate laterali è di m. 8. 

Su queste poggiano i matronei. Il transetto è lungo m. 23 e largo m. 10. 

Il piano della chiesa si eleva da quello stradale di m. 1,50 ed ha scalinata di 9 gradini. 

La chiesa di S. Giuseppe è sorta, abbiamo già detto, su progettazione e direzione dell’ing. Mauro Amoruso-Manzari e con maestranze tutte baresi: l’impresa dei fratelli Nicola e ing. Matteo Ricco fu Nicola, la ditta Giovanni Laricchia, Menzione, Fiore, Fratelli Bollani, Michele Guglielmi, Minghietti-Ranieri, Moffoli, Pizzirani; il prof. Mario Prayer e Gaetano Stella. 

L’opera riproduce in linguaggio moderno il carattere architettonico del romanico-pugliese del XII secolo. 

La grande facciata è divisa in tre parti: quella centrale avanzata, due laterali arretrate…

Corso Benedetto Croce, 130 – Carrassi

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Tel: +39 080 556 4623

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Lunedì: 08:00 17:00

Martedì: 08:00 17:00

Mercoledì: 08:00 17:00

Giovedì: 08:00 17:00

Venerdì: 08:00 17:00

Sabato: 08:00 17:00

Domenica: 08:00 12:00

La chiesa fu costruita per volere dello Zar Nicola II e della Comunità Russa, commissionata nel 1911 dalla Società Imperiale Ortodossa di Palestina all’architetto Aleksej Viktorovic usev, per accogliere i pellegrini che venivano a Bari per venerare il Santo Patrono. 

La posa della prima pietra avvenne in una giornata simbolica, il 22 maggio 1913. 

La data, nel calendario russo, corrispondeva al 9 maggio, anniversario della traslazione delle reliquie nicolaiane da Myra a Bari. Alla cerimonia parteciparono autorità baresi e russe portarono in dono una grande icona di san Nicola, oltre allo stesso Zar Nicola II che, devotissimo al Santo, partecipò con un lascito personale di diecimila rubli. 

La costruzione della chiesa fu completata solo dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. 

Il Vescovo di Myra, venerato in terra di Bari e in Russia, soprattutto dai greco-ortodossi, sarebbe stato ponte tra Oriente e Occidente. 

Dopo la rivoluzione russa, in seguito alla diaspora, i greci ortodossi, infatti, furono piu’ numerosi dei russi ortodossi. 

La rivoluzione del 1917 e la guerra civile ebbero un effetto tragico sulla sorte della popolazione russa: le chiese in Russia furono demolite o chiuse. 

Anche la chiesa russa a Bari conobbe tempi difficili, cessò il pellegrinaggio verso le spoglie di San Nicola e iniziò una lunga vertenza fra l’amministrazione comunale e le nuove autorità russe per stabilire la proprietà dell’immobile. 

Il Comune di Bari con uno stratagemma giudiziario-finanziario nel 1937 si appropriò della grande struttura, raggiungendo con il principe N. Zhevahov un accordo per cui gli sarebbero state versate 20.000 lire per vent’anni, trasferibili agli eredi in caso di morte. 

Questi s’impegnava a rispettare la proprietà ecclesiastica della costruzione, a conservare il tempio nella sua funzione religiosa e a destinare all’utilizzo di alcuni locali come scuola materna e come ospizio dell’Istituto per l’infanzia abbandonata “M. Diana”. 

Il principe, però, era scapolo e morì in miseria a Ginevra, principale base operativa della Chiesa Russa dell’emigrazione in Europa, nel 1948, facendo risparmiare così al Comune le ultime nove rate. Nel 1969, in seguito alle politiche ecumeniche del Concilio Vaticano II, insieme a Lucio Demo, si concesse la celebrazione della funzione ortodossa nella cripta della Basilica di San Nicola, proprio in segno di amicizia, di rispetto e di profonda unione con gli ortodossi. 

Nel 1998 la svolta: l’amministrazione comunale barese guidata da Simeone Di Cagno Abbrescia sigla un accordo con il Patriarcato di Mosca con cui viene concessa alla Chiesa Russa Ortodossa di usufruire di una parte dei locali di proprietà comunale. L’allora sindaco parlò di vittoria della piccola diplomazia transfrontaliera. 

Bisognerà attendere il 2001, con l’elezione del metropolita Lavr a capo della Chiesa Russa oltre-frontiera, con i suoi 15 vescovi e circa 15mila fedeli, per una riconciliazione. 

La tensione comincia ad allentarsi nel 2003 quando il presidente russo, Vladimir Putin, dona una statua di San Nicola, installata sul piazzale antistante la Basilica del Santo a Bari vecchia. 

Nel retro campeggia una scritta che recita così: “Possa questo dono essere testimonianza non soltanto della venerazione del grande Santo da parte dei russi, ma anche della costante aspirazione dei popoli dei nostri Paesi al consolidamento dell’amicizia e della cooperazione”. La dedica è destinata ai “cittadini di Bari”, con cui il presidente ricorda “i legami plurisecolari” che uniscono il capoluogo pugliese a Mosca.

Piazza Giulio Cesare, 11 – Picone

Tel: 080 559 1111

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Azienda ospedaliero-universitaria consorziale policlinico di Bari, anche nota come Policlinico di Bari – Ospedale Giovanni XXIII, è un’azienda ospedaliera istituita il 1º maggio 1996. 

È formato da due strutture, il policlinico vero e proprio, sito nel quartiere Picone, e l’ospedale pediatrico “Giovanni XXIII”, integrato il 1º gennaio 2005. 

È sede della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Bari.

Nel 1936 iniziano i lavori di costruzione dell’ospedale, ma la seconda guerra mondiale fece da ostacolo ai lavori e decisivo fu il bombardamento del porto di Bari del 2 dicembre 1943, da parte dell’aviazione tedesca. 

In quel periodo l’ospedale fu sede del 98° British General Hospital, a disposizione delle forze alleate nel sud Italia, in grado di ospitare tra i 1200 e i 2000 posti letti per i degenti. 

Il dopoguerra fu dedicato alla ricostruzione della città e alla rinascita del Policlinico, con il trasferimento di molti docenti universitari e medici. 

Dal 1996 è una struttura pubblica autonoma con sede della ex facoltà di medicina e chirurgia, attualmente scuola di medicina dell’Università degli Studi di Bari.

Piazza della Torre – Torre a Mare

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Nella frazione Torre a Mare di Bari , intorno al 1500, allo scopo di difendere la costa dalle incursioni dei pirati e dei predoni che infestavano il mare Adriatico, fu edificata una torre di avvistamento, tuttora esistente al centro della piazza principale. 

Da allora la località prese il nome di “Torre Apellosa” o “Torre Lapillosa”, trasformato successivamente in “Torre Pelosa”, e divenne un piccolo borgo di pescatori che vivevano per lo più in trulli e grotte naturali e riparavano le proprie imbarcazioni nel porticciolo alla foce di lama Giotta.

La Galleria VerniceArte, non è solo una galleria d’arte contemporanea in Bari, ma vi propone anche una piattaforma innovativa dove scegliere ed acquistare opere di artisti italiani comodamente seduti dinanzi al vostro pc.

Gli artisti che vi proponiamo stanno riscuotendo grande interesse presso collezionisti privati ed addetti del settore.

Oltre alle opere uniche nelle varie tecniche pittoriche, potrete trovare multipli d’arte, come serigrafie ed incisioni, numerate e firmate direttamente dall’artista.

Nostra cura sarà seguirvi dal momento dell’ordine sino alla consegna dell’0pera presso il vostro indirizzo.

Nato come campo di aviazione per proteggere la città di Bari durante la I Guerra Mondiale, venne ufficialmente inaugurato come aeroporto militare il 12 ottobre 1930 ed intitolato ad “Umberto di Savoia”. 

Attualmente, l’aeroporto è intitolato a “Jacopo Calò Carducci”, Colonnello pilota barese della Regia Aeronautica precipitato durante la campagna di Libia con un bombardiere Savoia-Marchetti S-79. 

L’aeroporto militare di Bari Palese fu poi utilizzato dall’Aeronautica Militare italiana durante il corso della 2^ Guerra mondiale e, dopo la Liberazione, anche dai reparti di volo alleati inglesi e statunitensi. 

Terminato il conflitto, sull’aeroporto venne costituito il 1° Reparto di Volo Autonomo della 4ª Zona Aerea Territoriale e successivamente il Centro di Addestramento al Volo della neo costituita 3^ Regione Aerea. 

Dal 1982, la pista venne chiusa con l’apertura di una nuova pista civile e fu istituito il Reparto logistico presidiario e, dal 1° aprile 1996, il Comando del Quartier Generale….